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A chi e’ dedicato questo libro?

Aggiornamento: 28 giu 2020

Sembrerebbe, leggendone il titolo e scorrendone il testo, sia dedicato alla comunità siciliana.

Vinti e vincitori
Gelone concede la pace ai vinti Cartaginesi

Magari, condividendo con la Sicilia la stessa storia, non quella che va dal 1861 ai giorni nostri ma dal 1130 al ventunesimo secolo, potrebbe essere stato scritto anche per tutto il popolo al di qua del fiume Garigliano.

Su quella linea -più o meno- che i tedeschi in ritirata chiamarono linea Gustav, durante la seconda guerra mondiale. Perché è indubitabile che la Sicilia e il Meridione della penisola si siano fatti compagnia nelle vicende storiche, definendosi, di volta in volta, regno di Sicilia, regno di Napoli, regno delle due Sicilie.

Ma sarebbe stata davvero un’operazione vana. Un inutile rivendicare uno spezzone di verità.

Un risalire nel tempo alla ricerca si, di una identità perduta, ma senza alcun costrutto che potesse indicare una via diversa alla perfidia umana, al sopruso, alla violenza del più forte. Questo testo invece, scritto quasi calcando le orme di coloro che hanno lottato e perso, quasi ascoltando i lamenti e le grida di chi si dichiara vinto ma non smette di sperare, potrebbe essere stato scritto per ogni popolo ed ogni accadimento storico che abbiano visto un invasore ed un invaso, un colonizzatore e un colonizzato, un vincitore ed un vinto.

Come la storia, oserei dire dalla preistoria, dimostra e insegna leggetelo con occhi diversi da quelli dall’appartenenza. Non perché l’appartenenza in se sia un concetto da mettere da parte, in un canto della coscienza. Anzi, l’appartenenza, e’ l’accanito agire, il tenace pensare che ci lega alla nostra identità di uomini in mezzo agli uomini. Ma l’appartenenza non e’ gelosa delle proprie eccellenze, dei costumi e dei pensieri che l’hanno definita nazione. L’appartenenza identitaria, al contrario, e’ osmosi. E dunque leggere questo testo senza farne una pietra d’angolo per un ragionamento “politico”, risulterebbe un vano rimescolamento di rabbia e delusione. Una rivendicazione nazionalista, direi sciovinista, potrei persino dire leghista per come oggi il termine viene utilizzato. E siccome rivendichiamo l’intelligenza di aver abbandonato le categorie di pensiero giacobine, andando oltre i fossati manichei che distruggono le relazioni umane sulla base di stupidi e talvolta ignobili pregiudizi, io e i miei meravigliosi amici e fratelli, possiamo ben dire che questo testo potrebbe essere stato scritto per una moltitudine di popoli. Offesi nelle loro idee di nazione, di progresso, di sviluppo sociale.

Ognuno può dedicarlo a una comunità vinta ed oppressa, con le armi della violenza o con quelle persino più violente della speculazione finanziaria. E, come cantò il poeta Walt Whitman, ognuno può dedicarlo alla gloria dei vinti.

Maurizio Castagna

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