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Immagine del redattoreMaurizio

La Memoria e il Ricordo

Quando qualcuno sembra irridere alla Memoria, come tentativo di tenere la nostra anima avvinta

Platone
Viaggi di Platone in Sicilia

a quel che siamo stati, come singola Persona, come popolo, come collettività di individui che vivono, operano e muoiono in un determinato Territorio, credo che questo “qualcuno” abbia smarrito anche solo il senso dell’importanza della comprensione della nostra esistenza spirituale. Il ricordare, in tal senso, per Platone, è il “vivere intelligentemente”

Mi spiego, l’”amnesia” è cosa funesta. Sia che riguardi la sfera cognitiva sia che invece neghi l’esistenza del filo che lega la speranza di un diverso domani con il ricordo del passato. Oppure che cancelli il “chi sono?” e il “che faccio?” con l’anonimo trascorrere del presente

Tutti i miti antichi, colgono, al contrario, l’essenza dell’“anamnesi” che dell’amnesia è l’esatto contrario.

L’anamnesi come vita, l’amnesia come Hypnos ma anche Thanatos, sonno e morte

Cosa fa Gesù nel deserto, se non andare alla ricerca di sé stesso, di quel “chi sono” e “cosa faccio”, qui ed adesso. Attraverso l’introspezione, certo, ma soprattutto la memoria spirituale. La tenace rimembranza che può diventare cosa viva e colpirci nel profondo, solo attraverso un codice che preveda sacrificio e dedizione. La tortura del digiuno e della solitudine per “comprendere chi siamo” – a quale destino fosse destinato il Figlio di Dio

Anche nel simbolismo indù l’oblio e il ricordo sono in eterna lotta tra loro. L’amnesia è una sorta di prigionia, il ricordo, l’anamnesi, è la liberazione, la comprensione del presente attraverso il passato.

L’oblio rappresenta il disorientamento, l’annientamento del sé, al contrario la memoria rinverdisce la forza che ci lega alla Comunità, alla Terra, a quel che fummo e che saremo, facendoci comprendere quale sia il nostro destino. E, assieme, il nostro dovere.

Nell’antica Grecia il ricordo è una virtù, “il ricordo è per quelli che hanno dimenticato” affermava Plotino.

Il buddismo riesce a rendere palpabile, con l’insegnamento dei Maestri, la differenza tra Memoria e Ricordo. La Memoria, qualità dei “perfetti” è superiore al ricordo che, in qualche modo, segue una stagione di oblio, nella quale è andata persa la relazione che ci lega alla libertà individuale, al diritto di conoscere, pensare, amare. In base a ciò che siamo stati, siamo e saremo

L’annientamento dei ricordi, in Orwell, precede e supporta la dittatura delle menti, la definizione dell’uomo macchina. Che, come le macchine, non ha ricordi, ma sopravvive per le nozioni che gli vengono imposte e i dati che deve assumere, dai media del Potere, per veri. Come un frattale che si ripete nella sua forma allo stesso modo su scale diverse, ottenendo figure sempre uguali all’originale. Padri uguali ai figli, donne agli uomini, schiavi ai padroni, militari ai civili, tutti copie perfette come cloni, senza anima, senza ricordi, senza Memoria. Il Vero è disegnato in una sola Forma, quella del Pensiero Unico, dal Grande Fratello, altra verità non esiste. Perciò la Storia viene continuamente ri-disegnata, e la neo storia è l’equivalente dell’odierna neo-cronaca, nella quale i fatti vengono raccontati in un unico e solo modo, facendosi sistema e forma e infine sostanza, senza dibattito, senza confronto

Il “ricordo” o la memoria, non attingono solo a nozioni storiche, a fatti e avvenimenti datati e perciò apparentemente inutili, ma da quelle nozioni e da quei fatti ci permettono di risalire all’essenza stessa della persona umana, come partecipante di una comunità in divenire di individui, diversi gli uni dagli altri e capaci di dubitare, diffidare, mettere in discussione, confrontare, di palesarsi come l’esatto contrario dell’uomo asservito, dell’uomo macchina. Individui “completi” dotati di anima e percezione del mondo e dei fatti accaduti, perciò stesso potenzialmente ribelli.

E ci pare proprio che il diritto al ricordo, l’immergere la nostra esistenza nel crogiolo della memoria, sia necessario per sopravvivere degnamente

E se quel qualcuno che nega il diritto alla Memoria e alla rivisitazione dei fatti storici, indica questo comportamento come puerile, “populista” come usa dire oggi, ratificando stupidamente, in tal modo, le posizioni reazionarie e viscerali, noi, forti delle parole di Mircea Eliade e della grande speculazione mistica indiana e mitica greca, rispondiamo che invece vi è continuità tra le credenze popolari, tra i ricordi delle Comunità di Popolo – non è populismo, questo- e le speculazioni filosofiche. Tra il semplice “ma davvero è accaduto questo?” e il “dunque, se risalgo alla radice dei fatti accaduti, posso proporre un altro esempio di civiltà, una diversa organizzazione sociale?” vi è il nesso che, addirittura, obbliga l’individuo disperato, solitario e senza passato, se non quello che il Potere gli cuce addosso, l’individuo degli anni 2000, alla ricerca storica, sulle orme del ricordo, fino ad attingere alla memoria, fino a comprendere l’essenza della propria vita, il proprio dovere, i diritti negati, la possibilità di costruire un futuro diverso.

Questo, ovviamente, non vuol significare pretendere benefici o primogeniture passate, ma indicare che la diversa visione delle cose, oltre a rendere l’individuo fiero delle proprie origini ma anche fortemente critico nei confronti dei comportamenti delle generazioni che lo hanno preceduto, lo induce a rivendicare il diritto al confronto onesto e leale, e ne rafforza l’idea che la linea di dispregio che dai media e dal potere politico infama le posizioni alternative sia inopportuna ed insopportabile

MAURIZIO CASTAGNA

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