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Immagine del redattoreMaurizio

Solo l’amore sovrannaturale è libero

Volendo forzarlo gli si sostituisce un amore naturale. Ma, inversamente, la libertà senza amore

Catena al tramonto

sovrannaturale, quella del 1789, è affatto vuota, semplice astrazione, senza nessuna possibilità di esser mai reale (Simone Weil- L’ombra e la Grazia)

Già, la libertà del 1789, quella delle ghigliottine e degli eserciti imperiali. Senza amore, senza amore sovrannaturale. Quella della discesa dei conquistatori nella Penisola, combattuti a Verona, sulla riviera Adriatica, all’Elba e in Calabria, da quei popoli che, di libertà posticce, di parole vuote, irreali e di concetti altisonanti, adulatori degli ultimi, ed ovviamente senza alcuna possibilità di affermazione, non sapevano che farsene. Al contrario dei giacobini ricchi, platealmente pensanti e nullafacenti che, affermando di essere più colti dei disgraziati e dei disperati, e certamente più pasciuti di questi lo erano, postulavano fosse cosa buona e giusta immaginare per quelli un futuro diverso, con l’albero della cuccagna piazzato nella piazza principale, trasformato, grazie ad un miracolo laico, in arbusto della libertà e i mesi dell’anno declinati rivoluzionariamente: parole inutili e vuote, come oggi tanti slogan del politichese corretto, dal “me too” al “black lives matter”, alle marce al suono dei dettami dell’ineffabile Greta e del suo mentore ultra miliardario Ingmar Rentzhog (mentre le donne continuano ad essere stuprate, i popoli del terzo mondo proseguono la loro disperata esistenza e i veri eroi della difesa ad oltranza del nostro pianeta muoiono a centinaia ogni anno, pressoché ignorati dalle televisioni dei giornalisti al soldo dei potenti e dagli studentelli à la page, allegramente marcianti).

Quella (falsa) rivoluzione che trasformò una nazione in un Impero grondante sangue, e dalla quale è nata la democrazia, prima quella della violenta industrializzazione, con i bambini legati alle macchine per 12 ore al giorno, poi quella dell’ancor più violenta colonizzazione di terre e uomini, con stupri, genocidi, conquiste raccontate da aedi corrotti al soldo dei vincitori, poi quella della guerra, anzi di due guerre, sanguinose, utili soltanto, sui cadaveri della migliore gioventù europea, ai fornitori di armi e alle imprese pronte a ricostruire città e a stringere ineffabili relazioni con governatori e mafiosi. Infine, in una cangiante metamorfosi, lastricata di turpitudini e di vigliacche azioni coperte da parte delle secret agency della potenza americana, la neo democrazia del liberismo assoluto, quella, appunto, delle vuote parole, degli schemi mainstream, dell’obbedienza al politicamente corretto, la democrazia della cultura della cancellazione (del dissenso).

Quella delle parole inutili e vuote, quelle che illudono e nulla cambiano, quelle che entusiasmano ma lasciano le cose come stanno, gli oppressi al loro posto, gli oppressori altrove.

Con il falso postulato dell’adesione alla Costituzione. Alla Carta dei Popoli. Come se non se ne potesse fare a meno, della Costituzione, quando un potere illimitato, sovranazionale, iniquo, di quel patto tra cittadini ne fa un sussidio inutile del vivere civile.

E se il Potere diventa un arbitrio e un capriccio, cosa resta all’oppresso?

La strada più facile, quella che non permette al dubbio e alla disperazione di mangiare le carni e strangolare l’anima, è mutarsi in adoratore dell’oppressore, in fan entusiasta dello schiavista, del traditore, del vile, del violento, dello spergiuro. E vivere e morire tranquillo. Da schiavo buono. Oppure, essere uno schiavo consapevole: una scelta azzardata per chi abbia voglia di guardare il sole scendere, di là dal mare, sulla linea dell’orizzonte, mentre scivola nella coltre liquida, per non pensare, non recriminare, non piangere, in nulla credere, per finire, al termine di una vita operosa e silenziosa, nell’oblio, come quel sole all’orizzonte che si eclissa nel mare, ecco! come dev’essere terribile, questa scelta, l’essere consapevole, per lo schiavo che ami i sogni. Significa farsi trascinare nella mischia, nella rivolta, morire ogni giorno del proprio dolore, nell’amaro vivere, nella rabbia repressa. Lo schiavo consapevole ineluttabilmente è costretto a prender l’armi, scudo, corazza e lancia, per finire incontro al suo destino, che è forse la morte, e che è sempre e comunque la libertà, quella legata all’amore soprannaturale, quella vera.

E per l’ingordigia del potere potrebbe essere l’ultima alba

MAURIZIO CASTAGNA

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